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La leggenda del Salvanèl che protegge la natura

La Val di Non è una valle immersa nella natura ed è un territorio ricco di leggende che riguardano stravaganti personaggi che si aggirano per i nostri boschi: ce n’è una in particolare a cui siamo legati sin dall'infanzia.

Infatti ce la raccontavano le nonne quando andavamo a passeggiare nei boschi o a raccogliere funghi. Se osavamo strappare un fiore, una piantina o se lasciavamo una carta di caramella per terra, subito ci sentivamo dire: “Attento che se non rispetti la natura, arriva il Salvanèl!”

Questa era una frase che incuteva timore a noi bambini che non sapevamo esattamente chi fosse il Salvanèl e che si trattasse di una leggenda poco importava. Il Salvanèl era e resta un personaggio affascinante, e per chi non conoscesse la sua storia, ve la raccontiamo noi.

C’era una volta in Val di Non una splendida ragazza dai capelli lunghi e dorati. La giovane rimase incinta e non avendo marito, la gente del paese iniziò a tormentarla e a darle persino della strega!

Sfinita dalle incessanti umiliazioni pubbliche, decise di fuggire e trovò rifugio in una piccola grotta sull’Ozolo, un monte nella parte nord-occidentale della Val di Non sopra il paese di Revò.

Aiutata da alcune persone fidate che le portavano cibo e coperte, riuscì a sopravvivere in mezzo al bosco e dopo qualche mese diede alla luce il suo grazioso piccoletto: era in ottima salute e lo chiamò “Salvanèl”.

Era un nome alquanto inusuale per un bambino, persino a quei tempi, ma la giovane decise di chiamarlo così per la somiglianza alle parole “salvàn” e “selvadeg”, ovvero “selvatico”: era proprio adatto a un pargoletto nato in mezzo alla natura.

Purtroppo la ragazza non tornò mai a vivere in paese, perché la gente continuava ad avere pregiudizi su di lei, perciò il bosco diventò una casa per lei e per suo figlio.

Il Salvanèl imparò a riconoscere l’odore di ogni pianta ancora prima di iniziare a camminare. Era informato su tutte le cose che riguardavano la natura e gli animali e prevedeva persino il tempo atmosferico!

Conosceva le proprietà curative delle erbe, distingueva i funghi velenosi da quelli commestibili e sapeva come rintracciare beni preziosi nascosti per i boschi.

Negli anni il Salvanèl crebbe forte e sano, con una folta barba nera e, anche se incuteva un po’ di timore per il suo aspetto un  po' grottesco, era un uomo dall’animo buono.

Non amava farsi vedere dalla gente, si muoveva più che altro di notte, ma quando a un valligiano serviva una mano, era sempre pronto ad aiutare senza chiedere nessun favore in cambio.

C’era un maso in località Miauneri a Tregiovo, un piccolo paese montano della Val di Non ai piedi delle Maddalene, a cui il Salvanèl era particolarmente affezionato, perché i suoi abitanti gli donavano spesso del latte.

Così lui, maestro dell’arte casearia, insegnò loro a ricavarne burro e formaggio. Gli allevatori, però, presi dall’euforia, diffusero gli insegnamenti del Salvanèl senza il suo consenso. Questo atteggiamento diede molto fastidio al Salvanèl e quindi decise di non rivelare altro e men che meno l'arte sconosciuta di trasformare il siero di latte in cera.

Dopo aver perso la fiducia nei confronti degli abitanti del maso, il Salvanèl nella notte munse anche tutto il latte senza lasciarne nemmeno una goccia agli allevatori, liberò le mucche dalla stalla e non si fece vedere più da quelle parti.

Come avrete campito il Savanèl era noto per essere anche un uomo schivo e vendicativo, perciò bisognava stare attenti a non commettere torti nei suoi confronti… e guai a chi toccava il suo amato bosco!

Quando qualcuno osava tagliare qualche pianta, gettare rifiuti a terra o appiccare fuochi, il Salvanèl andava su tutte le furie e diventava dispettoso: era così abile nel fare scherzi che nessuno ne usciva impunito.

Un giorno, per ordine del governo austriaco, i boscaioli iniziarono ad abbattere alberi su alberi per costruire una strada comoda in mezzo ai boschi per il trasporto del legname fra Italia e Austria.

Il Salvanèl si arrabbiò talmente tanto che orchestrò un’astuta vendetta. Nella notte rubò tutte le asce e le seghe ai taglialegna, così il giorno successivo dovettero andare a comprarne di nuove.

L’uomo selvaggio, pronto a tutto per difendere i suoi amati boschi, la notte successiva rubò le ruote ai carri che trasportavano il legname. Così i boscaioli, sfiniti dai continui dispetti, decisero di interrompere definitivamente i lavori.

Era meglio non infastidire il Salvanèl: era tanto buono e gentile, quanto dispettoso e vendicativo. Il suo scopo era quello di proteggere la natura e non tollerava che gli uomini non la rispettassero.

Nessuno sa di preciso quanti anni visse il Salvanèl, la leggenda narra che non invecchiò mai e c’è chi giura di vederlo ancora vagare per i boschi della Val di Non.

C’è pure una piccola grotta fra le rocce del monte Ozolo che si pensa sia la sua dimora e viene chiamata “El bus del Salvanèl”.

Quindi, attenzione, meglio pensarci due volte prima di fare un torto alla natura, perché il Salvanèl si aggira ancora nei boschi, pronto a difenderla!

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