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Eremo San Biagio

L’eremo di San Biagio sorge su un poderoso sperone di roccia che emerge tra aspri burroni dall’alveo del torrente Novella, affluente del fiume Noce e oggi del lago artificiale di Santa Giustina.
Si tratta di un complesso di edifici eretti a partire dal XIII secolo, il cui nucleo più antico è costituito da una cappella romanica dedicata alla Beata Vergine Maria, con volte sorrette da sei colonnine monolitiche. La chiesa propriamente detta, dedicata a San Biagio, è d’impianto quattrocentesco, con successive modifiche. A lato della porta d’ingresso è visibile un affresco raffigurante San Cristoforo, protettore dei pellegrini. Il romitorio sorge sul lato meridionale del dosso: la prima notizia certa risale al 1307 e riguarda una controversia sorta tra il pievano di Revò e tre monache che abitavano a San Biagio. Nei più antichi documenti il sito è denominato anche “dosso di San Lazzaro”, circostanza che induce a ipotizzare la presenza in loco – tra il XIII e il XIV secolo – di un lazzaretto, ossia un ricovero per lebbrosi consacrati alla vita religiosa.
In seguito la chiesa e i terreni agricoli circostanti vennero affidati a beneficiati laici o religiosi e infine a poveri eremiti. Nel 1593 l’eremo fu incorporato ai beni stabili del seminario di Trento. Nel 1658 venne ceduto ai conti d’Arsio, che provvidero alla sua manutenzione: ancora oggi sopra la porta d’ingresso della chiesa e sulla facciata dell’abitazione campeggiano due stemmi della nobile famiglia. L’ultimo eremita fu Lorenzo Bertolini da Dambel, morto nel 1790. Nel corso del XIX secolo il complesso venne convertito in casa colonica. Di notevole interesse è l’antico ponte gettato tra le due sponde del burrone, che s’inserisce in un’articolata rete di strade e sentieri. Il primo documento relativo a questo manufatto risale al 1467: la sua peculiarità è quella di essere chiuso da una porta munita di tettoia, sotto la quale nel 1965 il pittore Carlo Bonacina dipinse un’immagine della Madonna col Bambino. La chiesa ospita un’importante testimonianza archeologica: un cippo con iscrizione funeraria romana di età imperiale, che venne murato in epoca imprecisata nell’antipendio dell’altare maggiore. Reperti preistorici più antichi, risalenti all’età del bronzo, vennero alla luce nel corso di lavori di sterro intrapresi negli anni Sessanta.
Una presenza unica nel suo genere è il pozzo ubicato al centro della chiesa, che attinge a una falda acquifera sotterranea.
La pala dell’altare maggiore venne commissionata nel 1697 dal canonico Francesco Sigismondo conte d’Arsio: raffigura la Vergine Maria in gloria invocata dai Santi Biagio, Francesco d’Assisi e Agostino ed è attribuita al pittore Francesco Furlanel di Tesero. Nella cappella interna si conserva una statua lignea policroma raffigurante la Madonna col Bambino Gesù in braccio: si tratta di un pregevole manufatto tardogotico scolpito da un intagliatore di cultura tedesca. La statua è da sempre oggetto di grande venerazione presso la popolazione locale.

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