Un racconto di paesaggio, passione e resilienzaParlare di viticoltura in Val di Non significa andare oltre l’immagine ormai iconica dei meleti che tappezzano la valle. La mela è il simbolo dell’abbondanza, della produttività e di un paesaggio agricolo ben ordinato. Ma accanto ad essa, quasi in dialogo silenzioso, la vite racconta un’altra storia: quella della sfida, della fatica e della pazienza.
Se il frutteto parla di regolarità e stabilità, la vite parla di resistenza, di equilibrio fragile tra natura e lavoro dell’uomo. Due colture diverse, eppure entrambe profondamente radicate nell’identità di questa terra.
Qui le vigne crescono sui versanti che si affacciano sul Lago di Santa Giustina, disegnando terrazze che scendono a picco sull’acqua. Non è solo un colpo d’occhio, ma il segno concreto di quanto la viticoltura in Val di Non richieda dedizione e resistenza. Ogni filare è sorretto da muretti a secco, ogni pianta è curata quasi esclusivamente a mano: la meccanizzazione è ridotta al minimo e la vendemmia diventa un rito collettivo fatto di fatica, pazienza e precisione.
Questa è la viticoltura cosiddetta eroica: un’agricoltura che non si limita a produrre vino, ma che protegge il territorio e ne custodisce l’anima. Coltivare la vite in montagna significa impedire l’abbandono dei pendii, preservare i paesaggi storici e mantenere viva una cultura secolare che rischierebbe altrimenti di scomparire.
Il vitigno simbolo della Val di Non è il Groppello di Revò, una varietà autoctona rarissima che qui ha trovato la sua espressione più autentica. Nei terreni di origine vulcanica, baciati dal sole ma rinfrescati dalle escursioni termiche tra giorno e notte, questo vino si distingue per il suo colore intenso, le note speziate e fruttate, e una freschezza che lo rende unico nel panorama trentino.
Accanto al Groppello, trovano spazio anche Müller Thurgau, Pinot Nero e Chardonnay: vitigni che in quota sviluppano profumi fini, eleganza e una naturale freschezza che solo la montagna può regalare.
Il vino come esperienza nelle Cantine della Val di Non
Camminare tra le vigne della Val di Non significa scoprire un volto diverso della valle: un’esperienza che intreccia il paesaggio, la storia e i tanti racconti di chi ogni giorno dedica la propria vita a un lavoro lento e appassionato.
Entrare in una cantina qui non vuol dire semplicemente bere un bicchiere di vino, ma ascoltare la voce dei viticoltori, scoprire i segreti dei muretti a secco, toccare con mano la fatica che si nasconde dietro ogni grappolo. È un viaggio fatto di gesti antichi, di dedizione e di innovazione, che culmina sempre in un momento di convivialità attorno a un calice.
Un vino della Val di Non non è mai solo degustazione: è il frutto della passione e della tenacia di chi coltiva in montagna, ed è soprattutto un invito a condividere storie, sorrisi e tempo insieme.
Sono diverse le realtà che portano avanti la viticoltura di montagna in Val di Non, ciascuna con il proprio stile, ma tutte unite dalla stessa passione e dedizione:
- Cantina El Zeremia (Revò)
- Cantina LasteRosse (Romallo)
- Cantina Maso Sperdossi (Revò)
- Cantina Fixum (Cagnò)
Visitare queste cantine significa entrare in un mondo fatto di scelte consapevoli: qui i viticoltori hanno deciso di affrontare la fatica della montagna, perché credono profondamente nel valore di ciò che fanno.
La viticoltura in Val di Non è un atto di passione e tenacia, un intreccio tra paesaggio e vita quotidiana che merita di essere conosciuto e condiviso.